Descrizione
Qui siamo al centro di Roma, nel rione Trevi, in una zona collocata vicino al tratto urbano della Salaria Vetus, che prendeva il nome di Vicus Caprarius e che oggi è percorsa da migliaia di turisti che giungono su questi luoghi per fotografare la fontana della Dolce Vita. Scendendo sotto l’attuale piano di calpestìo si accede alla parte nord della struttura che andremo a visitare. Nella nuova concezione di città ideata da Nerone subito dopo il devastante incendio del 64 d.C., qui fu edificato un caseggiato (insula) costituito da più piani in cui avevano alloggio numerose famiglie. Si trattava di un tipo di residenza ‘intensiva’ che riuniva una molteplicità di individui nello stesso edificio.
L’insula, nel corso del IV secolo, fu trasformata in una residenza nobiliare (domus) ed il pianterreno venne riutilizzato per l’installazione dei servizi igienici. Le pareti furono decorate e le scale, tuttora visibili, furono ricoperte con del marmo. Il piano nobile doveva svolgere funzioni di rappresentanza della famiglia considerato che vi è stato ritrovato un mosaico pavimentale che ne abbelliva il pavimento.
Visitiamo ora la parte dell’edificio che si trova a sud; questa venne trasformata nel corso del II secolo d.C. per consentire la costruzione di un enorme serbatoio idrico, il cosiddetto Castellum Aquae, dove confluivano le acque dell’unico acquedotto romano ancora oggi funzionante: l’acquedotto Vergine.
Il condotto, inaugurato da Agrippa il 9 giugno del 19 a.C. e lungo venti chilometri, era, ed è tuttora, alimentato dalle acque che sgorgano in località Salone, nei pressi di Via Collatina. Attualmente rifornisce, oltre alla Fontana di Trevi, la Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona e la Fontana della Barcaccia a Piazza di Spagna. Al giorno d’oggi l’acquedotto Vergine passa interamente nel sottosuolo ma in epoca romana fuoriusciva per circa due chilometri. In Via del Nazareno sono ancora visibili i resti di tre delle sue arcate in travertino; al di sopra è presente un’iscrizione in latino che ricorda il suo restauro ad opera dell’imperatore Claudio.
Il Castellum Aquae, con una capacità di circa 150.000 metri cubi di acqua, era costituito da due stanze comunicanti e rivestite da una miscela di laterizi e calce che venivano utilizzati per isolare le pareti dall’umidità (il cocciopesto). L’acqua, in epoca romana, penetrava nel Castellum dal Vicus Caprarius per poi uscire, attraverso due condotte, verso il lato meridionale. Uno scroscio d’acqua sgorga ancora all’interno dell’antico serbatoio.
Con la caduta dell’Impero Romano, la città conobbe un periodo di forte diminuzione della popolazione e di abbandono di numerosi luoghi precedentemente abitati. Per la costruzione degli edifici medievali furono riutilizzati i resti delle costruzioni romane. Accanto al Castellum Aquae sono state rinvenute due abitazioni databili al XII e XIII secolo.
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