Museo Nazionale Romano

Il Museo Nazionale Romano nasce nel 1889 come uno dei principali centri di cultura storica ed artistica dell’Italia unita. Oltre ad accogliere ed esporre le opere di collezioni storiche passate allo Stato e le numerose antichità che emergevano dai lavori di adeguamento di Roma al suo nuovo ruolo di Capitale del Regno d’Italia, il Museo era destinato ad accrescere il patrimonio storico ed artistico della città e contribuire con esso nel modo più efficace all’incremento della cultura.

    Descrizione

    Il Museo Nazionale Romano nasce nel 1889 come uno dei principali centri di cultura storica ed artistica dell’Italia unita. Oltre ad accogliere ed esporre le opere di collezioni storiche passate allo Stato e le numerose antichità che emergevano dai lavori di adeguamento di Roma al suo nuovo ruolo di Capitale del Regno d’Italia, il Museo era destinato ad accrescere il patrimonio storico ed artistico della città e contribuire con esso nel modo più efficace all’incremento della cultura.

    Le Terme, che fronteggiano la monumentale mole della stazione centrale di termini, sono state costruite nel 298 d.c. e compite nel 305. Coprivano una superficie di 376 metri x 361 metri e sono un eccezionale esempio di riutilizzo delle strutture. Il colossale stabilimento, che poteva ospitare circa 3000 persone, riprendeva nella pianta lo schema ideato da Apollodoro di Damasco per le terme di Traiano: corpo di fabbrica centrale circondato da giardini con ninfei, esedre e gruppi di sale all’intorno.

    All’interno delle sue rovine,nel 1889 venne allestita una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano insieme a Crypta Balbi, Palazzo Altemps e Palazzo Massimo alle Terme.

    Il giardino, frontale alla stazione Termini, è l’accesso al nucleo museale. Il disegno riproposto negli anni ’50 del ‘900 propone pezzi archeologici: sarcofagi e stele funerarie sono disposti lungo il viale mentre alcune statue ne ornano il prospetto facciale. Il Chiostro grande, o di Michelangelo, così chiamato perchè la tradizione ne attribuisce il disegno al Maestro , è un vasto ambiente quadrato con quattro ambulacri che fungono da passaggi coperti.

    Al secondo piano, è stata collocata la sezione protostorica, con l’intento di illustrare il processo di formazione della società e della cultura dei Latini all’interno del quale è avvenuto lo sviluppo della città di Roma. La sua peculiarità è di presentare non materiali provenienti da altre collezioni o da scavi archeologici postunitari bensì contesti esplorati sistematicamente negli ultimi decenni – Castiglione, Fidene, Crustumerium, Castel di Decima, La Rustica, Laurentino.

    La successiva sezione, articolata in settori cronologici, illustra attraverso 300 documenti la nascita dell’epigrafia e il suo sviluppo fino alla fine della Repubblica. Un primo ambiente è dedicato ai materiali arcaici: un cippo del foro; lapis satricanum; lamina in rame di Castore e Polluce, dal santuario di Lavinium; frammento di coppa con la parola rex; ciotole di pacua dal Palatino. Nel secondo ambiente, una selezione di documenti mediorepubblicani prende in considerazione anche materiali dalle realtà municipali in contatto con Roma: ai frammenti attestanti culti più antichi, tipo dal tempio di Esculapio all’isola Tiberina, si affiancano reperti della vita religiosa di municipia, coloniae e civitates, legati a santuari e luoghi di culto (statue fittili da Ariccia; dedica ad Ercole dal Lago di Albano; laminetta bronzea da Lavinium).  Il materiale tardorepubblicano, raccolto nel terzo ambiente, fornisce un quadro della realtà urbana in un periodo caratterizzato da rapide trasformazioni sociali, dalle nuove organizzazioni amministrative e accresciute esigenze propagandistiche della classe dirigente: iscrizione di un titulus mummianus e un frammento attribuibile al fornix fabianus.

    Le aule XI e X delle terme, caratterizzate dalla presenza della ricostruzione del sepolcro dei Platorini e da due tombe a camera ricavate nel tufo (uno decorata a stucco, l’altra affrescata nella parete e nel soffitto), contengono opere d’arte funeraria romana, tra cui il sepolcro dei Fontei. L’aula IX è a doppia esedra ed era forse uno spogliatoio (apodyterium): vi sono esposti sarcofagi e, nelle nicchie, statue funerarie. L’aula VIII corrispondeva ad un frigidarium scoperto (piscina di 2500 metri quadri di acqua fredda) dove, ad oggi, sono riconoscibili solo due dei cinque nicchioni originali rivestiti di marmi e ad adorni di statue. Nelle aule I, II e III si trovano sarcofagi con iconografie cristiane. Nella IV trova sistemazione la ricostruzione del tempietto di ordine corinzio della metà del III secolo da Torrenova sulla via Casilina. Nelle aule V e VI trovano collocazione i materiali architettonici da grandi edifici pubblici di Roma sia di carattere religioso che pubblico: i resti del ponte di Valentiniano e Valente; elementi decorativi del tempio del Sole presso la Chiesa di San Silvestro in Capite e capitelli della “porticus Maximae”.

    Dal giardino, un’arcata moderna aperta nel muro di fronte fa da collegamento con l’aula XII, antica forica (latrina) delle terme, che conserva l’originale pavimento musivo: con pianta a segmento di cerchio, era decorata da colonne nella parte ricurva, ove erano disposti i sedili, e di nicchie per statue.

    Il palazzo Altemps fu costruito dopo il 1471 incorporando case ed edifici medievali addossati alla cinta fortificata che correva parallela a via dei Soldati. Restaurato da Virginio Vespignani nel 1837 e nel 1949 da Antonio Munoz, allunga la facciata principale a tre piani, che è marcata agli spigoli da una bugnatura disegnata da Giacomo della Porta, su via di Sant’Apollinaire.

    L’edificio accoglie le raccolte rinascimentali di scultura, in particolare la collezione Boncompagni – Ludovisi di arte antica. La più antica, dal punto di vista cronologico, è la collezione Altemps, che il cardinale Marco Sittico Altemps qui riunì e che il nipote Giovanni Angelo accrebbe con un gusto antiquario che denota una notevole conoscenza dell’antichità classica; le vendite iniziarono a fine ‘700 e furono tanto consistenti che delle centoventi statue ne sono rimaste nel palazzo solo quindici.

    La collezione Ludovisi venne formata nel giro di pochissimi anni dal cardinale Ludovico, nipote di Gregorio XV, per ornare la villa che si era fatto costruire sull’area degli “horti sallustiani”, riunendo sia opere rinvenute in loco durante l’edificazione del complesso sia esemplari acquistati da altre collezioni (quelle del cardinale Paolo Cesi del palazzo Cesarini e di villa Altemps in Frascati). Le sculture, destinate unicamente a ornamento degli ambienti e del giardino della villa, appaiono assai restaurate sia dall’Algardi che dal Bernini, spesso in modo molto libero. Acquistata dallo stato ed esposta nel 1901 nelle Terme di Diocleziano, rappresenta una delle più importanti testimonianze a Roma del gusto antiquario delle famiglie patrizie.

    La collezione Mattei consta della parte di proprietà statale della raccolta che Asdrubale e Ciriaco Mattei avevano riunito nel ‘500 per la villa Celimontana al Celio.

    La collezione Del Drago fu riunita dall’omonima famiglia nel XVII secolo nel loro palazzo presso il quadrivio delle Quattro Fontane.

    Il cortile in travertino e stucco, attribuito ad Antonio da Sangallo il Vecchio e a Baldassarre Peruzzi ed ultimato dal Longhi, è cinto da un portico e loggie nei lati brevi: nei tre ordini, lo stambecco ed il ponte colpito dal fulmine rappresentano lo stemma Altemps. Opposto al portico d’ingresso sono quattro statue, copie romane del II secolo da originali greci: Menade, Ercole seduto, Gladiatore a riposo e figura femminile. La statua di Antonino Pio realizzata nel 147 introduce alla prima parte della collezione Ludovisi: di essa fanno parte i ritratti di Giulia, Matidia, Giulio Cesare, Demostene ed Aristotele, tutti ispirati a classici esposti nel salone dei ritratti. Resti di strutture di età repubblicana e reperti scoperti durante i lavori di restauro, caratterizzano la sala della torre. Sei erme fanno da corona, nella sala omonima, ai due Apollo Citaredo seduti, copie romane del I e II secolo.

    Il salone d’ingresso corrisponde all’entrata dell’edificio quattrocentesco. La sala dell’atenea prende il nome dalla statua di Athena ma l’insolita posizione del braccio destro, che ammonisce un serpente, la fa ritenere igea – che l’Algardi restaurò secondo il modello della giustiniani. Nella sala dei sarcofagi, due saggi nella muratura, lasciano vedere una finta tappezzeria affrescata riferibile ad una casa medievale, mentre la zoccolatura a fresco in basso è ottocentesca. Nella sala del Dioniso e Satiro, l’omonimo gruppo, ornamento di edificio termale, è replica del II secolo di un originale di età ellenistica trovato nel ‘500 sul Quirinale nel sito delle terme di Costantino.

    Lo scalone porta al loggiato dove sono esposti a muro i rilievi delle collezioni Del Drago. La collezione egizia è organizzata in tre sezioni tematiche che sono la teologia politica, la devozione popolare e luoghi di culto a Roma, soprattutto quelli dell’Iseo Campense e del santuario Siriaco. La prima sala prende il nome dalla statua del bue Api meglio nota come torello brancaccio, risalente alla piena età tolemaica del II secolo d.c. e giunta a Roma in età imperiale. Nella sala D’annunzio si sono conservate le forme e le decorazioni settecentesche ed è così chiamata perchè il Vate sposò l’ultima esponente della famiglia Altemps.

    Subito dopo ha inizio l’appartamento di Roberto Altemps, iniziato nel 1583. Dal loggiato, il portale dà accesso alla sala delle prospettive dipinte, affrescata dall’Alberi e dal Cati con finestre finte e vere colonne che reggono una trabeazione, mentre nei riquadri così ottenuti abbiamo paesaggi, scene di caccia, vedute con obelisco e cieli azzurri. L’ares Ludovisi è una statua maschile riconducibile all’ars di Lisippo per l’accenno di pathos nel volto ed ora identificata con Achille.  L’Acrolito Ludovisi e la Hera Ludovisi, inquadrano il famoso trono Ludovisi, opera prodotta nel V secolo a.c in Magna Grecia, probabilmente in ambiente locrese data la quasi certa pertinenza al tempio di Marasà.

    La porta nel salone delle feste introduce alla cappella di San Carlo Borromeo: una teca sull’altare racchiude un frammento di paramento sacro ritenuta del santo, mentre nelle vetrine sono codici musicali con partiture composte tra fine ‘500 ed inizi ‘600 per la chiesa di Sant’Aniceto. Quest’ultima, unica tra le chiese romane, a custodire le spoglie di un papa.

    Recensioni

    Ancora non ci sono recensioni.

    Recensisci per primo “Museo Nazionale Romano”

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *