Descrizione
La Tenuta di Castelporziano racchiude parte di un vasto territorio anticamente conosciuto come Laurentino, dalla città di Lavinio – Laurento, legata alle vicende leggendarie dello sbarco di Enea nel Lazio, ed è compreso tra le propaggini dei Colli Albani, la pianura del delta Tiberino ed il mare.
Con il consolidarsi della potenza di Roma (IV – III sec. a.C.) l’intero territorio laurentino si arricchisce di strutture edilizie di tipo rustico, ville e residenze utili all’organizzazione agricola del comprensorio, mentre si vanno delineando in forma definitiva i principali assi viari delle vie Laurentina e Ostiense. A partire dalla seconda guerra punica e, più intensamente, in età tardo repubblicana (II – I sec. a.C.) iniziano a svilupparsi, presso l’antica linea di costa, insediamenti marittimi costituiti da ville appartenenti a personaggi di spicco dell’aristocrazia romana, edificate in un territorio assai prossimo a Roma, già fortemente connotato dalla presenza della città di Ostia con il suo porto. In età imperiale si intensifica l’edilizia residenziale di tipo signorile con l’edificazione di numerose ville, tra cui le fonti storiche ricordano quella di proprietà della famiglia imperiale e quella dello scrittore Plinio il Giovane.
Le ville, per ciò che concerne i servizi essenziali, si appoggiano ad un piccolo borgo, il Vicus Augustanus, sorto in età augustea ed attivo fino alla tarda antichità. Il complesso degli insediamenti costieri è messo in comunicazione con Roma attraverso un composito sistema viario costituito oltre che dalle vie Ostiense, Laurentina e dalle loro diramazioni, dalla Via Severiana, antico sentiero lungo costa che, unificato, funge da collegamento tra il sistema portuale Ostiense ed il Latium Vetus costiero. Con la fine dell’Impero Romano il territorio passa tra i beni della Chiesa ed è noto fin dal V sec. d C. come proprietà della basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al X sec. d.C. è databile la costruzione del primo centro fortificato sul luogo dell’attuale castello, mentre la proprietà risulta dei monaci di San Saba fino al 1561. Con la soppressione dell’abbazia di San Saba, per disposto di Papa Pio IV, il comprensorio di Castelporziano passa tra i beni dell’Ospedale di Santo Spirito.
Nel 1568 il possedimento è venduto alla famiglia fiorentina del Nero che ne conserva il possesso fino al 1823, anno in cui viene acquistata dal duca Vincenzo Grazioli; nel 1872 la Tenuta viene acquistata dal Ministro delle finanze Quintino Sella per lo Stato Italiano, al fine di destinarla a tenuta di caccia del Re.
Le ville di età romana edificate nel territorio laurentino appartengono ad una duplice tipologia caratteristica delle residenze extraurbane, complessi di tipo rustico, destinati alla produzione agricola, e ville signorili, intese principalmente come luogo di svago e riposo. Delle prime vi sono tracce presso la valle di Malafede e sulle alture prospicienti. Delle seconde, che si susseguivano quasi senza soluzione di continuità lungo l’asse costiero della via Severiana, sono in luce presso la costa moderna notevoli resti che testimoniano la loro monumentalità e la ricchezza degli apparati decorativi costituiti da pavimenti a mosaico, pitture e rivestimenti marmorei. Dopo la disgregazione dell’organizzazione territoriale conseguente alla caduta dell’Impero Romano e le turbinose vicende storiche dell’età post-classica, in età alto-medievale il territorio circostante Roma è in gran parte latifondo della Chiesa. A quest’epoca risale, per il territorio laurentino, la creazione della Domus Culta Laurentum creata da papa Zaccaria (741 – 752 d.C.) per l’organizzazione agraria, sociale e religiosa del comprensorio. Con le mutate condizioni politiche generali, a partire dal X – XI secolo sorge il primitivo nucleo del Castello, una torre edificata su strutture di età romana intorno alla quale va progressivamente a formarsi un nucleo edilizio racchiuso all’interno di un recinto fortificato, che nel sec. XIV verrà riconosciuto e citato come Castrum. Nella cartografia seicentesca (Catasto Alessandrino 1660) il Castello è spesso raffigurato come una fortificazione di forma quadrangolare con torrioni angolari, doppio portone di accesso, coronamenti e merlature. Ampiamente rimaneggiato ad opera dei Grazioli (1823 – 1872), attualmente si presenta con un perimetro quasi raddoppiato rispetto all’impianto primitivo. Il piano nobile del castello conserva oggetti d’arredo risalenti al periodo sabaudo provenienti in gran parte dal Quirinale, dalle principali regge preunitarie e dagli acquisti effettuati dai Savoia. Nonostante l’estrema eterogeneità degli arredi del Piano Nobile, si possono individuare come filoni tematici principali la celebrazione della famiglia Savoia e la caccia.
Il Museo storico archeologico, allestito nell’ambito del Castello e del borgo, raccoglie oltre duecento oggetti provenienti dagli scavi archeologici effettuati nella Tenuta di Castelporziano a partire dalla seconda metà dell’800. Il percorso museale, articolato in varie sale, presenta una serie di reperti ordinati per contesti monumentali di appartenenza ed esposti per ordine cronologico. Tra i numerosi materiali si segnalano, per il loro rilevante valore storico documentario ed artistico, una tomba con ricco corredo funerario appartenente alla necropoli dell’abitato di Castel di Decima (VII sec. a.C.) e parte di un soffitto dipinto di età romana proveniente dall’area della villa imperiale di cui sono stati individuati cospicui resti in località Tor Paterno..
Il padiglione delle carrozze presenta i carri utilizzati dalla corte sabauda per le cacce reali, nonché legni per le passeggiate nei viali della tenuta e mezzi agricoli per il lavoro nei campi. I grandi Break e gli Hunting break erano i carri principali per condurre gli ospiti sui terreni della caccia. Inoltre sono presenti anche carri sportivi, solidi e veloci, come i Phaeton e gli Spider-Phaeton. Ugualmente importanti sono i Break wagonette utilizzati per accompagnare gli ospiti nel sito prescelto per la caccia reale e per addestrare i cavalli. Il carro in mostra fu realizzato da Cesare Sala di Milano nel 1882. Oltre alle carrozze adibite alla caccia molti sono i legni usati dalla regina per recarsi ai siti archeologici: si tratta sia di calessi di varie tipologie che di eleganti Vis-à-vis con i quali le dame accompagnavano la sovrana. Particolarmente importante è l’esemplare esposto per le passeggiate in campagna, “per servizio delle reali principesse” come si legge negli antichi inventari. Presenti anche carri da lavoro nei campi e carretti dove si deponevano le prede uccise durante la battuta.
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